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SABA

Questo antichissimo derivato dell’uva (già Catone la chiamava “sapa”), è ottenuto dal mosto cotto, reso denso dalla lenta cottura su fuoco dolce.

Il mosto non ancora fermentato, viene filtrato e fatto bollire per lunghe ore fino a diventare denso e concentrato, ottenendo un prodotto dolcissimo che fino a pochi anni fa era utilizzato come valido sostituto dello zucchero.

La saba così ottenuta si conserva in piccole bottiglie di vetro, meglio se scuro, e si mantiene a lungo.

Nella cucina tradizionale romagnola veniva utilizzata per guarnire dolci, un po’ come si usa fare oggi con l’alchermes.

Il principale impiego della Saba, infatti, era nella guarnizione e nell’impasto dei dolci poveri della nostra tradizione, che venivano cucinati a Natale e Carnevale.

I più famosi e diffusi erano i “Sabadoni”, i cui ingredienti erano i prodotti contadini che si trovavano nelle nostre campagne: fagioli, castagne, farina e saba.

Un dolce semplice e gustoso, di cui ogni azdora vantava una propria ricetta, da tramandare di madre in figlia, spesso con ingredienti segreti, che danno ad ogni piatto una particolare poesia.
Per chi ha la fortuna di conoscere qualcuno che sappia ancora fare i Sabadoni, sarà una vera delizia riscoprire questo dolce che purtroppo si sta pian piano dimenticando.

In inverno, i bambini usavano la saba dentro un bicchiere pieno di neve, come la più dolce delle granite. Il bel film “La neve nel bicchiere” ci ricorda proprio questo sciroppo dolce e antico.